Capitolo I - L'attesa che sa di pelle
Lei si era avvicinata al divano senza far rumore, come se quel silenzio fosse sacro.
Portava un profumo discreto, quasi invisibile, ma bast� un respiro perch� lui lo notasse.
Non era il profumo a colpirlo. Era il modo in cui lo portava addosso, come una seconda pelle, come se il suo
corpo avesse imparato da tempo l'arte dell'attesa.
Lui allung� la mano verso il bicchiere, ma non bevve. Lo fece solo per distrarsi dal pensiero di volerla
toccare.
Non in modo impaziente. Non con brama.
Ma con la precisione e la calma di chi sa che il desiderio vero non ha fretta: costruisce, ascolta, studia.
Lei si sedette accanto. Le loro braccia non si toccarono, ma lo spazio tra loro si fece pi� piccolo.
C'era qualcosa nei suoi occhi - forse un dubbio, forse una voglia che ancora non osava chiamarsi
desiderio.
Lui la osserv�, senza pretese.
�Non sono qui per cercare risposte,� disse lei piano.
Lui la fiss� un istante, poi sorrise con quello sguardo che fa pi� domande di mille parole.
�Le risposte non servono,� mormor�. �A volte basta una domanda fatta con la pelle.�
Lei non rispose. Ma il respiro si fece pi� lento.
E quando lui allung� la mano, non per toccarla, ma per appoggiarla vicino alla sua, cos� vicino da sentire il calore senza il contatto?
fu allora che cap�.
Che qualunque cosa sarebbe accaduta dopo, non sarebbe stata un gioco.
Non con lui.
Non stanotte.
Lei non si mosse, eppure qualcosa cambi�.
Una corrente sottile pass� tra i loro corpi, come se l'aria avesse smesso di essere neutra.
Era carica. Calda. In attesa.
�Hai paura?� chiese lui, ma senza pressione. Come si chiede a se stessi davanti a un confine.
Lei lo guard�, poi abbass� lo sguardo.
�Non di te. Di quello che potresti smuovere.�
Una pausa. Poi aggiunse: �Non sono abituata a sentirmi cos�? senza nemmeno essere toccata.�
Lui si avvicin�, impercettibilmente.
�� perch� non ti sto cercando con le mani. Ti sto leggendo con gli occhi.�
Il silenzio fu di nuovo protagonista. Ma questa volta era denso, carico di promesse non dette.
Lei si volt� verso di lui. E fu in quel momento che successe.
Nessun bacio. Nessun gesto impulsivo.
Solo una carezza. Una sola.
La punta delle sue dita che sfior� la linea del mento di lei, risalendo lenta fino a una ciocca di capelli ribelle.
La spost� con delicatezza, come se stesse aprendo una porta invisibile.
Lei chiuse gli occhi.
conquista.
E in quel gesto c'era l'abbandono pi� autentico: la resa senza resa, la fiducia che non si chiede ma si conquista.
�Non ti chieder� nulla che tu non voglia darmi,� disse lui piano.
�Ma se scegli di restare? promettimi solo una cosa.�
Lei riapr� gli occhi, lievemente velati da qualcosa che non era timore, ma riconoscimento.
�Cosa?�
�Che non fingerai. Non con me. Nemmeno se quello che senti ti spaventa.�
Lei sorrise appena, come se quella frase le avesse tolto un peso che nemmeno sapeva di portare.
E fu allora che si avvicin�.
Non fu un bacio affamato, n� timido.
Fu un incontro. Lento. Intenso.
Come due onde che si cercano senza urtarsi, ma sanno gi� che si fonderanno nel medesimo mare.
Lui le accarezz� il viso con entrambe le mani, come si accarezza un ricordo che si vuole rendere eterno.
E quando lei pos� la fronte contro la sua, senza parlare, lui chiuse gli occhi.
Perch� a volte l'amore non si dice.
Si respira.
E l�, nel silenzio morbido della stanza, senza tempo, senza confini?
cominci� qualcosa che nessuno dei due avrebbe saputo spiegare.
Ma entrambi avrebbero portato dentro.
Per sempre.
Capitolo II - Il mattino non mente
La luce dell'alba filtrava attraverso le tende leggere, disegnando striature dorate sul pavimento di legno.
Lui era sveglio da qualche minuto, ma non si era ancora mosso.
Restava l�, immobile, osservando il profilo di lei mentre dormiva con il volto sereno, leggermente rivolto verso
di lui.
Non si toccavano. Eppure, tra loro, c'era ancora quella stessa tensione - quieta ora, ma ancora presente -
che aveva fatto vibrare l'aria la sera prima.
Nessuno dei due aveva detto "resta". Eppure lei era rimasta.
E questo, pens� lui, valeva pi� di mille promesse.
Si alz� piano, lasciando che il pavimento cigolasse appena sotto i suoi passi scalzi.
Prese una camicia gettata sulla poltrona e la indoss� distrattamente, come chi ha altro a cui pensare.
Nel silenzio della cucina, il caff� cominci� a gorgogliare nella moka. Un suono familiare, quasi intimo.
Lui fissava il liquido scuro salire, ma la sua mente era ancora nella stanza.
Nel calore della pelle di lei, nel suo profumo che ora sembrava parte dell'aria.
Una voce bassa e impastata lo scosse dai pensieri.
�Hai dormito?�
Si volt�. Lei era sulla soglia, i capelli spettinati, la camicia larga che le cadeva sulle spalle. Bellissima, in quel
modo imperfetto e vero.
�Abbastanza. Ma tu? tu sembri uscita da un sogno che non voglio dimenticare.�
Lei sorrise, ma non arross�. Non era il tempo delle esitazioni.
�E ora che siamo svegli?� chiese, quasi come se avesse paura della risposta.
Lui si avvicin�, lentamente. Le porse il caff�, poi le prese la mano.
�Ora possiamo scegliere.
Possiamo far finta che sia stato solo un momento.
O possiamo ascoltare quel silenzio che ancora ci parla? e capire se ha qualcosa da dirci davvero.�
Lei bevve un sorso, lo guard� negli occhi, e non rispose.
Ma rest� l�.
E a volte, restare � la risposta pi� sincera che si possa dare.
Capitolo III - Il giorno che segue
Lui guidava piano, con il finestrino leggermente aperto e il vento che entrava a carezzargli il viso.
La citt� cominciava a svegliarsi, inconsapevole di ci� che aveva lasciato poche ore prima.
Ogni semaforo rosso sembrava una scusa per chiudere gli occhi, anche solo per un secondo, e rivivere il
suono del suo respiro addormentato accanto a lui.
Aveva lasciato un biglietto sul tavolo, accanto alla moka:
"A volte la pelle non basta. Ma il ricordo della tua? oggi mi accompagna."
Non sapeva se lei l'avrebbe letto subito, o se l'avrebbe ripiegato con cura come si fa con le cose che non si
vogliono perdere.
Il telefono vibr� nel vano portaoggetti, ma non lo prese.
Non voleva voci esterne, impegni, doveri.
Solo quella presenza. Ancora viva nella mente.
E sulla pelle.
Lei, intanto, era rimasta seduta sul letto per qualche minuto, avvolta dal lenzuolo e dal silenzio.
Aveva letto quel biglietto tre volte.
Lo aveva posato, poi ripreso, come se ogni parola fosse un frammento di lui che si era lasciato dietro.
Era da tempo che non sentiva quella sensazione addosso - quella vertigine calma, quel bisogno di
rivederlo che non era frenesia? ma fame.
Non lo conosceva davvero.
Eppure, sapeva.
Sapeva il modo in cui l'aveva guardata, senza volerla possedere.
Sapeva la lentezza dei suoi gesti, il rispetto nelle sue pause, il peso delle parole mai dette.
Era difficile fidarsi, dopo tutto quello che aveva vissuto.
Ma con lui?
Con lui, sembrava possibile. Non semplice, ma possibile.
Si alz�, fece il letto, mise su un disco - qualcosa di jazz, di fondo. E prepar� il caff� di nuovo.
Come se, nel ripetere quel gesto, potesse rivederlo l�.
Con gli occhi stanchi, ma pieni.
Con quel silenzio che parlava dritto al centro di lei.
Il giorno era cominciato.
Ma niente sarebbe stato come prima.
Capitolo IV - Le stanze che non si aprono mai
Lei era seduta sul bordo della vasca, le mani immerse nell'acqua ormai tiepida.
Non piangeva. Non era pi� il tempo delle lacrime.
Ma c'era quel peso - antico, sordo - che tornava ogni volta che qualcosa di bello bussava alla sua porta.
Era successo di nuovo.
Un uomo, uno sguardo sincero, un tocco che non chiedeva? ma accoglieva.
Eppure? la sua mente era altrove.
L� dove la dolcezza si era travestita da trappola.
L� dove la passione era diventata possesso.
L� dove lei aveva amato con l'anima nuda? e aveva ricevuto solo promesse stanche e mani che
prendevano, senza dare.
Era diventata brava, con il tempo.
Brava a sorridere, a spostare lo sguardo, a confondere desiderio e diffidenza, accoglienza e distanza.
Ma con lui?
Con lui era diverso.
Perch� lui non aveva premuto.
Aveva solo guardato.
E nel suo sguardo c'era stata quella cosa che fa pi� paura di tutte: rispetto.
Il rispetto? quello vero? spaventa pi� del desiderio.
Perch� non puoi combatterlo. Non puoi allontanarlo con una battuta o un silenzio.
E allora le torn� alla mente la notte prima: il suo respiro, le mani forti ma leggere, le parole mai invadenti.
Come se avesse intuito.
Come se avesse gi� visto, senza giudicare.
Prese il telefono.
Scrisse.
Poi cancell�.
Poi riscrisse.
"Vorrei fidarmi di te. Ma non so pi� come si fa."
Ci mise minuti interi a premere Invia.
Dall'altra parte, lui era in strada, seduto in macchina, davanti a un bar che non conosceva.
Aveva sentito il messaggio vibrare nel silenzio.
Lo lesse.
sono ombre.
Rimase a fissarlo a lungo, come si guarda una porta socchiusa che ti invita a entrare, ma sai che dentro ci
Poi rispose.
Solo tre parole.
"Non ho fretta."
E in quel momento, lei abbass� lo sguardo.
E sorrise.
Piano.
Perch� forse, per la prima volta dopo tanto?
qualcosa dentro di lei cominciava a cedere.
Non a lui.
A se stessa.
Capitolo IV - Le stanze che non si aprono mai
Lei era seduta sul bordo della vasca, le mani immerse nell'acqua ormai tiepida.
Non piangeva. Non era pi� il tempo delle lacrime.
Ma c'era quel peso - antico, sordo - che tornava ogni volta che qualcosa di bello bussava alla sua porta.
Era successo di nuovo.
Un uomo, uno sguardo sincero, un tocco che non chiedeva? ma accoglieva.
Eppure? la sua mente era altrove.
L� dove la dolcezza si era travestita da trappola.
L� dove la passione era diventata possesso.
L� dove lei aveva amato con l'anima nuda? e aveva ricevuto solo promesse stanche e mani che
prendevano, senza dare.
Era diventata brava, con il tempo.
Brava a sorridere, a spostare lo sguardo, a confondere desiderio e diffidenza, accoglienza e distanza.
Ma con lui?
Con lui era diverso.
Perch� lui non aveva premuto.
Aveva solo guardato.
E nel suo sguardo c'era stata quella cosa che fa pi� paura di tutte: rispetto.
Il rispetto? quello vero? spaventa pi� del desiderio.
Perch� non puoi combatterlo. Non puoi allontanarlo con una battuta o un silenzio.
E allora le torn� alla mente la notte prima: il suo respiro, le mani forti ma leggere, le parole mai invadenti.
Come se avesse intuito.
Come se avesse gi� visto, senza giudicare.
Prese il telefono.
Scrisse.
Poi cancell�.
Poi riscrisse.
"Vorrei fidarmi di te. Ma non so pi� come si fa."
Ci mise minuti interi a premere Invia.
Dall'altra parte, lui era in strada, seduto in macchina, davanti a un bar che non conosceva.
Aveva sentito il messaggio vibrare nel silenzio.
Lo lesse.
Rimase a fissarlo a lungo, come si guarda una porta socchiusa che ti invita a entrare, ma sai che dentro ci
sono ombre.
Poi rispose.
Solo tre parole.
"Non ho fretta."
E in quel momento, lei abbass� lo sguardo.
E sorrise.
Piano.
Perch� forse, per la prima volta dopo tanto?
qualcosa dentro di lei cominciava a cedere.
Non a lui.
A se stessa.
Capitolo V - Il bilico delle cose vere
Le giornate passavano, lente ma piene.
Lei non lo scriveva sempre.
E lui non chiedeva.
Ma c'era. Sempre.
Un messaggio al mattino:
"Buongiorno, anima inquieta."
Un pensiero alla sera:
"Sei nel posto che non si vede, ma che si sente."
Eppure lei sentiva crescere qualcosa.
Non era ansia. Non era passione.
Era attesa.
Di s� stessa.
Era abituata a rincorrere, a spiegare, a dimostrare il proprio valore anche quando avrebbe dovuto solo
ricevere amore.
Ma ora tutto era diverso.
Lui non correva.
Non inseguiva.
Aspettava.
E lei? non sapeva pi� se voleva correre via o farsi trovare.
Apr� il suo diario, quello che non toccava da mesi.
Scrisse poche parole:
"Mi spaventa chi resta quando non lo chiamo.
Mi disarma chi non mi chiede niente.
Ma forse � proprio l�? che comincia l'amore."
Quel giorno si vestir� senza motivo.
Indoss� un abito che non metteva da tempo, si trucc� gli occhi con cura, come se dovesse incontrare
qualcuno.
Ma non usc�.
Si sedette accanto alla finestra, un libro tra le mani e mille domande sotto pelle.
Poi, mentre il tramonto accarezzava il vetro, arriv� il messaggio.
"Sto passando per caso sotto casa tua. O almeno cos� mi piace pensare.
Non voglio salire. Volevo solo dirti che anche oggi? ci sei."
Lei rimase a fissare lo schermo.
Il cuore rallent�. Poi acceler�. Poi rallent� di nuovo.
Era in bilico.
Sul bordo del coraggio.
E il coraggio, a volte, � solo restare fermi? e non scappare.
Prese il telefono.
Rispose.
"Sali. Ma solo se non chiedi niente."
Lui non scrisse pi�.
Non ce n'era bisogno.
Cinque minuti dopo, tre colpi lievi alla porta.
E tutto ricominci�.
Non da dove avevano lasciato.
Ma da un punto pi� profondo.
Pi� vicino alla verit�.
Capitolo VI - Dove finisce la pelle
Lui entr� senza dire nulla.
Lei non aveva chiesto il silenzio.
Ma era tutto ci� che desiderava.
Restarono l�, a un metro di distanza, per lunghi secondi.
Il tempo necessario perch� entrambi sentissero quanto era cambiato il significato del gesto.
Non era pi� solo attrazione.
Era attesa, rispetto, e un desiderio che sapeva restare.
Lei si volt�, senza parlare, e cammin� verso la cucina.
Lui la segu� con lo sguardo, ma non mosse un passo.
Poi lei si ferm�, e sussurr�:
�Non ho cucinato. Ma ho fame lo stesso.�
Lui la raggiunse.
Le prese il viso tra le mani, senza fretta.
Le dita scivolarono sui contorni familiari e nuovi.
Non la baci� subito.
Prima le sfior� la fronte, poi la guancia, poi l'angolo delle labbra.
Come se volesse chiedere il permesso ad ogni parte di lei.
Quando finalmente la baci�, fu lento. Profondo.
Non un possesso.
Un ritorno.
Le mani di lei si aggrapparono al suo collo. Non per paura di cadere? ma perch�, dopo tanto, qualcuno la
teneva davvero.
Si mossero verso il divano.
La luce era calda, morbida.
I vestiti caddero uno alla volta, senza urgenza.
Come pelle che si sfila per mostrare non solo il corpo, ma tutto il resto.
Lui la guard�, nuda, e non disse nulla.
Solo la copr� con un plaid leggero, e si sdrai� accanto.
�Ti voglio. Ma voglio anche che ti senta al sicuro.�
Quelle parole, sussurrate contro la pelle del suo collo, la fecero chiudere gli occhi.
E poi venne il contatto.
Lento.
Sacro.
Nessuna fretta, nessuna richiesta.
Solo il corpo che ascoltava, rispondeva, accoglieva.
Fecero l'amore come si fa pace con la parte ferita di s�.
Ogni movimento, un s�.
Ogni respiro, una promessa non detta.
E quando, nudi e avvolti l'uno nell'altra, restarono in silenzio, non fu pi� il silenzio della difesa.
Fu il silenzio della verit�.
Dove finisce la pelle?
comincia l'anima.
E quella sera, si erano toccati proprio l�.
Capitolo VII - Il vuoto che resta
Quando si svegli�, lui era ancora l�.
Addormentato, disteso su un lato, il petto che si alzava piano, come se ogni respiro volesse ancora
trattenerla.
Lei si alz� in silenzio.
Indoss� la camicia di lui, trovata sulla sedia.
Prese un caff�, guard� fuori.
La citt� era uguale. Ma dentro? tutto tremava.
"E se non fosse vero?
E se stessi solo cercando un rifugio?"
I pensieri la rincorrevano, disordinati.
Troppa verit�, troppo presto.
Quando lui si svegli�, lei era gi� vestita.
La camicia restituita, lo sguardo sfuggente.
�Tutto bene?�, chiese lui, con la voce ancora impastata di sonno.
Lei sorrise. Quel sorriso educato, freddo.
�S�. Ma? ho bisogno di tempo. Di spazio.�
Non fu cattiva. Ma fu decisa.
E prima che lui potesse dire altro, aveva gi� chiuso la porta.
Lui rest� l�.
In piedi.
Nudo, in una casa che non era sua, ma dove aveva lasciato una parte di s�.
Non le scrisse.
Non la cerc�.
Perch� sapeva che rincorrere una donna ferita � come toccare un animale spaventato: lo fai per amore, ma
finisci per farlo fuggire.
Lei invece fugg�.
Per giorni.
Fingendo normalit�. Lavoro, impegni, cene vuote.
Ma ogni volta che prendeva il telefono, il suo nome era l�.
Nella lista dei pensieri mai scritti.
Nel bisogno che non voleva ammettere.
Poi venne una notte.
Una notte lunga, stanca, in cui nessun rumore le bastava a distrarla.
E lui, silenzioso nella memoria, divenne troppo presente per essere ignorato.
Scrisse:
"Sei ancora l�?"
Passarono dieci minuti.
Silenzio.
Poi:
"S�. Ma non ti aspetto.
Ci sono. � diverso."
Le lacrime arrivarono, improvvise.
Non per lui.
Per s� stessa.
Perch� per la prima volta, qualcuno non la rincorreva.
Eppure? non se ne andava.
Capitolo VIII - La mano tesa
Le giornate passavano.
Lei lavorava, usciva, rideva anche.
Ma ogni cosa era rivestita di uno strato sottile di inquietudine.
Come se niente avesse pi� la consistenza di prima.
Lui non aveva insistito.
Non un messaggio di troppo.
Non una chiamata nel cuore della notte.
Solo presenza silenziosa, come una musica di sottofondo che non chiede attenzione, ma cambia
l'atmosfera.
Poi, un giorno, il messaggio arriv�.
"C'� un posto fuori citt�. Un casale, vino rosso, camino acceso.
Non � un invito.
� un pensiero.
Se vuoi, ci vado domani.
Ci starei bene anche da solo.
Ma potrei starci meglio con te."
Lei rest� ferma per minuti.
Leggeva e rileggeva.
E pi� lo rileggeva, pi� capiva.
Non era un tentativo.
Era un gesto libero.
Sincero.
Un'offerta senza vincolo.
Un "vieni se vuoi", che sapeva di maturit�, non di ricatto.
Rispose solo dopo due ore.
"Il vino rosso non mi piace.
Ma potrei assaggiare il tuo."
Bastarono quelle parole.
Lui non disse altro.
Non serviva.
Il giorno dopo, quando arriv� davanti al casale, lui era gi� l�.
Il portone di legno spalancato, una bottiglia aperta sul tavolo, due bicchieri.
Nessun bacio.
Nessuna domanda.
Solo due sguardi che si erano cercati pi� del tempo, pi� della paura.
Lei entr�, si sedette.
Prese un sorso dal suo bicchiere.
Poi disse:
�Fa ancora paura.
Ma non essere qui? fa pi� male.�
Lui si avvicin�.
Le prese la mano.
La strinse piano.
�Non ti chiedo di restare.
Ma se vuoi? possiamo iniziare da qui.�
E fu cos� che, tra il crepitio del camino e l'eco di tutto ci� che non avevano ancora detto,
qualcosa cominci� davvero.
Capitolo IX - Il legno sotto i passi
Quel pomeriggio il cielo era pulito, teso in un azzurro chiaro che sembrava invitare alla quiete.
Non avevano parlato molto.
Solo qualche parola durante il pranzo, un sorriso tra un sorso di vino e l'altro.
Poi lui aveva proposto una passeggiata.
�C'� un posto. Una passerella sul lago. L�? si cammina senza rumore.�
Lei aveva annuito.
E in quell'assenso c'era il desiderio di lasciarsi guidare.
Arrivarono in silenzio.
Il lago era calmo, uno specchio d'acqua che rifletteva il cielo e il tempo.
Camminavano uno accanto all'altra, le mani vicine, senza toccarsi.
Ogni passo sul legno vibrava leggero, come una nota di una musica antica.
Il vento muoveva piano i capelli di lei.
Lui ogni tanto si voltava a guardarla, ma senza insistenza.
Solo per imprimere quel momento nella memoria.
Poi lei si ferm�.
All'altezza di un punto in cui la passerella si allargava leggermente, come una piccola terrazza sull'acqua.
�� bello qui.
Sembra che anche i pensieri si siedano.�
Lui sorrise.
Si avvicin� piano.
Le tocc� la schiena, sfiorandola come si tocca qualcosa di sacro.
Lei non si volt�.
Ma appoggi� la testa sulla sua spalla.
E rimasero cos�. Fermi. A respirare insieme.
Il sole cominciava a scendere.
Colorava il cielo di ambra e oro, disegnava riflessi tremolanti sul lago.
Lui le prese il viso tra le mani.
Questa volta non con l'urgenza del desiderio, ma con la dolcezza di chi sa che ogni bacio, se vero, � un
punto d'inizio.
E la baci�.
Timidamente.
Come se stesse ancora chiedendo: "Posso?"
Lei rispose con le labbra.
Un bacio incerto, ma pieno.
Di significato.
Di promesse non dette.
Di tutto quello che stavano imparando a non temere.
Poi si abbracciarono.
A lungo.
Senza parole.
Come due anime che, pur non sapendo ancora dove andranno, hanno scelto almeno dove essere? ora.
E il lago, il vento, il tramonto - tutto sembrava custodire quel fragile, meraviglioso momento.
Capitolo X - L'amore che brucia
Il ritorno fu silenzioso.
Nel piccolo casale, la sera li accolse con il suo buio gentile.
Lei si tolse la giacca. Lui mise due ceppi nel camino.
Non servivano parole: il calore che si era acceso sulla passerella ora ardeva anche dentro.
Quando si avvicinarono, bast� un gesto.
Una carezza sulla schiena. Un respiro contro la pelle.
E poi, senza pi� esitazioni, si cercarono.
Quella volta fu diverso.
Non c'erano pi� dubbi, n� domande.
Le mani sapevano dove andare. Le labbra, cosa dire.
Fecero l'amore con urgenza e tenerezza insieme.
Come chi sa che ogni contatto pu� guarire. O distruggere.
E per un attimo? guar� tutto.
Lei si perse in lui.
Si lasci� andare.
Corpo e cuore.
Senza riserve.
Poi arriv� il silenzio. Quello del dopo.
Lui la strinse forte, mentre il suo respiro si placava piano.
Le baci� i capelli. Sussurr� un �ci sono� che non chiedeva nulla.
Ma qualcosa in lei si incrin�.
Non per colpa sua.
Ma per quello che quell'abbandono aveva risvegliato.
"E se non fossi pronta?
E se lui vedesse troppo?"
Si alz� senza guardarlo.
Raccolse i suoi vestiti, uno a uno, come chi sa che ogni gesto pu� diventare addio.
Lui la guardava.
Non con rabbia.
Con una malinconia composta.
Come chi ha gi� conosciuto le partenze senza saluti.
Lei si volt� solo un istante.
Gli occhi lucidi.
La voce appena un soffio.
�Scusami. Ho bisogno di? aria.�
E se ne and�.
Il portone si chiuse piano.
Come un cuore che si richiude su se stesso.
Lui rest� l�, seduto sul letto disfatto.
Non la rincorse.
Non url� il suo nome.
Solo chiuse gli occhi e lasci� che il silenzio parlasse per entrambi.
Capitolo XI - La lettera che non leggerai
Ti scrivo, anche se non leggerai.
Ti scrivo perch� non so smettere di sentire.
Non ti giudico per essere andata via.
Nemmeno per non aver detto niente.
Ci sono battaglie che non si combattono davanti a chi ci ama.
Perch� l'amore, a volte, fa paura proprio quando � vero.
Lo so.
Quello che abbiamo vissuto - quel tempo sospeso, quei silenzi che parlavano pi� delle parole -
� stato pi� reale di molte vite intere.
E anche se per te � stato forse solo un attimo,
per me � stato un punto fermo.
Hai avuto paura.
Lo capisco.
Perch� a volte � pi� difficile accettare la felicit� che il dolore.
E tu? sei una donna che ha imparato a difendersi troppo bene.
Anche da chi non ti avrebbe mai fatto del male.
Vorrei dirti che non mi hai ferito.
Ma mentirei.
Mi hai spezzato nel modo pi� dolce: lasciando una parte di te dentro di me,
e portando via tutto il resto.
Eppure? non ti odio.
Non riesco nemmeno ad arrabbiarmi con te.
Perch� quando ami qualcuno davvero, non chiedi niente.
Non costringi. Non insegui.
Resti.
Nel modo pi� silenzioso che esista.
Resti nella memoria, nei piccoli gesti, nei sogni a met�.
Se un giorno tornerai, ti ascolter�.
Se non tornerai, ti penser� comunque.
Con lo stesso rispetto con cui si ricorda qualcosa di sacro.
Non voglio essere il tuo rifugio.
Voglio essere il tuo posto.
Quello in cui non hai bisogno di difenderti.
Quello dove puoi semplicemente? restare.
Ma se questo posto fa paura,
se io faccio paura,
allora va bene cos�.
Porta via il mio amore.
Non chiede nulla in cambio.
Ti � stato donato.
E rimarr� tuo, anche se non lo saprai mai.
Con tutto quello che sono,
che ero,
e che avrei voluto essere con te.
- L'uomo che ha imparato ad aspettarti anche nel silenzio.
Capitolo XII - L'eco del silenzio
I giorni scorrevano, incerti.
Lontani.
Come pagine che si girano da sole in un libro lasciato aperto al vento.
Lei non parlava di lui.
Non ne aveva la forza.
Nemmeno con s� stessa.
Ogni tanto prendeva in mano il cellulare.
Scorreva i messaggi passati.
Rileggeva frasi semplici, dettagliate di gesti.
Parole che non chiedevano nulla ma avevano dato tutto.
E ogni volta lo rimetteva gi�, il telefono.
Come se pesasse pi� dei suoi dubbi.
Nel frattempo lui viveva.
Lavorava. Camminava. Scriveva.
Ma non smetteva di sentirla.
Non nel cuore, almeno.
Anche se le mani non cercavano pi� il tasto "invia".
La lettera era l�.
Nascosta in una cartella.
Salvata senza titolo, come se non dovesse mai essere trovata.
Un frammento di verit� consegnato solo alla pagina e al silenzio.
Eppure, in quell'apparente distanza, qualcosa si muoveva.
Lei cominciava a vederlo nei luoghi che frequentava.
Nei volti.
Nelle canzoni.
In quegli sguardi d'altri uomini che cercavano di avvicinarsi, ma che non erano lui.
Finch� una sera, stanca di dover fuggire anche da s� stessa, apr� la chat.
Non scrisse nulla all'inizio.
Rimase a guardare il cursore lampeggiare.
Poi digit�:
�Non so cosa cerco?
Ma so chi mi manca.�
Premette "invio".
E solo allora, per la prima volta da giorni, respir� davvero.
Lui lesse.
Non rispose subito.
Chiuse gli occhi.
E sorrise.
Non era un ritorno.
Era una fessura nella porta.
A volte, basta quella per far entrare tutta la luce.
Capitolo XIII - Il tavolo vicino alla finestra
Lei aveva scritto.
Non era una dichiarazione.
Non era un ritorno.
Era un sussurro fragile.
Ma era tutto ci� che lui aveva sperato.
Ci pens� tutta la sera.
Poi, al mattino, le rispose.
Senza frasi ricercate.
Senza drammi.
Solo una scelta.
�Domani mattina, ore 9. Al solito posto.
Il tavolino vicino alla finestra.
Io ordiner� per due.�
Nient'altro.
Nessuna pressione.
Nessuna domanda.
Solo l'essenziale.
Lei lesse il messaggio tre volte.
Il cuore batteva piano, ma batteva.
Quel posto?
Un angolo tranquillo in una piccola caffetteria nascosta tra i vicoli,
dove il profumo del pane caldo si mescolava all'aroma del caff�.
Dove lui, la prima volta, le aveva tenuto la mano mentre parlavano di niente.
Eppure tutto era sembrato importante.
Il mattino seguente, lui arriv� in anticipo.
Si sedette, ordin� due cappuccini, due cornetti.
E aspett�.
Non guardava continuamente l'orologio.
Non cercava con lo sguardo tra le vetrate.
Semplicemente? era l�.
Quando lei arriv�, fu come se il tempo trattenesse il fiato.
Indossava un cappotto chiaro, i capelli sciolti, gli occhi pieni di dubbi.
Ma and� verso di lui.
Con passo lento.
Con il cuore in bilico.
Lui si alz�.
Le fece un mezzo sorriso.
Poi si sedette di nuovo.
Lei si accomod� davanti a lui.
Guard� il cappuccino ancora fumante.
E poi, senza dire nulla, allung� una mano verso la sua.
Lui non la strinse.
La accolse.
Che � molto di pi�.
Fu cos� che ricominciarono.
Con un cornetto condiviso.
Un sorriso interrotto.
E due mani sullo stesso tavolo, a cercarsi piano.
Capitolo XIV - Le cose che non si dicono
La colazione si sciolse come zucchero nel caff�.
Piano. Senza fretta.
Come se entrambi sapessero che quella tregua andava rispettata.
Nessuno chiese: �Perch� sei andata via?�
Nessuno disse: �Mi sei mancato�
Eppure, ogni sorso di cappuccino, ogni sorriso accennato,
era una confessione fatta senza parole.
Lui pag� il conto.
Lei lo lasci� fare.
Un gesto semplice, ma carico di quello che non riusciva ancora a dire:
"Mi fido. Un po'."
Uscirono insieme.
Camminarono lungo il marciapiede umido di rugiada,
senza meta, senza motivo.
Solo fianco a fianco.
Quando un cane li super� correndo, lei rise piano.
Fu la prima volta che lui la sent� ridere dopo giorni.
E fu come riaprire una finestra chiusa da troppo.
A un certo punto, si fermarono davanti a una vetrina.
Una piccola libreria, con un romanzo che avevano sfiorato tempo fa.
Lui non disse nulla.
Lei nemmeno.
Ma quando uscirono dal negozio, il libro era nelle sue mani.
Con un segnalibro dentro.
E sopra, una scritta a penna:
"Capitolo da cui ricominciare."
Camminarono ancora.
Lei si avvicin� un po' di pi�.
Non lo prese per mano.
Ma lasci� che le dita gli sfiorassero il dorso.
Lui non forz� il contatto.
Ma rimase.
Come un invito che sa aspettare.
N� amici. N� amanti.
Ancora sospesi.
Ma vivi.
Vivi dentro quel tempo nuovo, fatto di gesti minuscoli e intenzioni grandi.
E in quella semplicit�,
c'era gi� tutto l'amore che sarebbe potuto tornare.
Capitolo XV - La notte che non ha bisogno di parole
Lui aveva prenotato giorni prima.
Il tavolo pi� appartato.
Vicino al camino, con quella luce morbida che danza sul legno e accarezza i volti.
Quando lei entr�, con quel vestito che sembrava scelto per far tremare ogni sua certezza,
lui si alz� senza dire nulla.
Le prese il cappotto con naturalezza.
E le sorrise come si sorride solo a chi si � aspettato a lungo.
Il ristorante era avvolto da un silenzio ovattato, interrotto solo dal crepitio del fuoco e dal tintinnio discreto dei
calici.
Non parlarono subito.
Osservarono.
Si ascoltarono nei respiri.
Lui ordin� il vino che le piaceva.
Lei si lasci� servire, ma stavolta con gratitudine.
Come se capisse che in quella cena non c'era alcuna strategia.
Solo cura.
Parlarono di piccole cose.
Di sogni mai raccontati.
Di citt� da visitare e canzoni che avevano dimenticato.
E, a un certo punto, i loro sguardi rimasero sospesi.
Lunghi.
Densi.
Come se dentro quegli occhi ci fosse tutto ci� che avevano taciuto finora.
Quando uscirono, l'aria era pungente.
Ma lui non le offr� la giacca.
Le offr� la sua mano.
E lei la prese.
Senza esitazione.
A casa di lui, il silenzio si fece promessa.
Non c'erano gesti affrettati.
Solo dita che si cercavano.
Vestiti che cadevano piano.
E cuori che si avvicinavano senza pi� timore.
Fecero l'amore lentamente.
Come se ogni bacio fosse una parola che non avevano mai osato dire.
Come se ogni carezza volesse chiedere scusa per l'attesa.
Non fu passione.
Non solo.
Fu accoglienza.
E quando, nudi sotto le lenzuola, lei si rannicchi� sul suo petto e chiuse gli occhi?
lui non disse nulla.
Ma la strinse forte.
Come se sapesse che, da quella notte in poi,
niente sarebbe pi� stato solo un ricordo.
Capitolo XVI - Il giorno che comincia col buongiorno giusto
La mattina seguente si svegliarono presto,
ma non per la sveglia.
Perch� il corpo dell'uno aveva cercato quello dell'altra nel sonno,
e ora giacevano intrecciati, con la luce del giorno che filtrava gentile dalla finestra.
Nessuno parl�.
Non ce n'era bisogno.
Lei gli sfior� il viso.
Lui le baci� la fronte.
E bast� quello.
Pi� tardi, ognuno torn� al proprio mondo,
ma il filo invisibile che li univa non si spezz�.
Anzi, sembrava tendere verso qualcosa di ancora pi� autentico.
A met� mattina lei gli scrisse:
"Hai ancora addosso il mio profumo?"
Lui rispose:
"Ne ho ovunque. Anche dove non arriva il tuo corpo."
E da l� inizi� un filo di parole leggere e profonde,
come petali che il vento non porta via,
ma accompagna con cura.
Parlavano di tutto.
Di un film da vedere.
Di un sapore da assaggiare.
Di un sogno fatto e dimenticato a met�.
Ogni messaggio era una carezza.
"Ti immagini una domenica solo per noi?"
scrisse lei.
"Con te, anche il luned� saprebbe di festa."
rispose lui.
Non c'era pi� paura.
Solo voglia di esserci.
E la notte, prima di dormire,
lui le mand� una foto:
il libro che le aveva regalato, con un biglietto nascosto tra le pagine.
Lei zoom� sull'immagine.
Il biglietto diceva:
"Capitolo dopo capitolo, tu sei la mia storia preferita."
Lei non rispose subito.
Ma lo sogn� quella notte.
E il mattino dopo, gli scrisse solo due parole:
"Continuiamo?"
Capitolo XVII - La notte che si ricorda anche a occhi chiusi
Non ci fu bisogno di spiegazioni.
Lui le disse solo:
"Vieni con me. Solo una notte. Solo noi."
E lei, stavolta, non ebbe dubbi.
Non chiese dove.
Non chiese perch�.
Solo fece la valigia con un battito in pi� nel petto.
La casa era adagiata tra gli ulivi e le pietre vive,
con una terrazza che guardava il lago come se ne custodisse i segreti.
Un camino acceso, il profumo di legna e vino.
Le lenzuola bianche, pulite, come una tela pronta a essere scritta.
Quando arrivarono, il cielo era color pesca e bronzo.
Il tramonto si specchiava nelle acque calme.
E loro si guardarono a lungo, senza pi� bisogno di protezioni.
A San Valentino non si dissero "ti amo".
Non ne ebbero bisogno.
Perch� ogni gesto era amore, e ogni bacio ne era la prova.
Cenarono a lume di candela, con piatti semplici ma pieni di significato.
Lei lo ascoltava parlare del lago, delle estati passate da solo,
di quella volta che aveva pianto per una poesia.
E lui la guardava mentre si toglieva i capelli dal viso,
pensando che avrebbe voluto vederla cos� per sempre.
Dopo cena, si baciarono davanti al fuoco.
Lentamente.
Con la fame e la dolcezza di chi non deve pi� scappare.
Fecero l'amore per tutta la notte.
Senza pudore, ma con una grazia che solo chi ha aspettato davvero conosce.
Si cercarono come naufraghi,
si trovarono come amanti,
si tennero come chi non vuole pi� perdere niente.
Tra le lenzuola si dissero tutto:
con le mani, con i sospiri, con gli occhi socchiusi nel buio.
E ogni volta che si fermavano, era solo per ricominciare.
All'alba, quando la luce azzurrina accarezzava il lago, lei si svegli� con la testa sul suo petto.
E per la prima volta, senza pensare troppo, gli disse:
"Non voglio pi� svegliarmi lontano da te."
Lui non rispose.
Le baci� i capelli.
E in quel gesto, c'erano tutte le promesse del mondo.
Capitolo XVIII - Il silenzio che fa pi� rumore
Successe tutto in un giorno di sole.
Di quelli in cui sembrava impossibile che qualcosa potesse spezzarsi.
Lei era distaccata.
Lo baci� sulla guancia invece che sulle labbra.
Disse "a presto" ma con la voce di chi vuole dire "addio".
Poi, silenzio.
Messaggi letti, ma non risposti.
Chiamate mancate.
E quella sensazione sottile, ma inesorabile,
che qualcosa si stesse allontanando.
Ancora.
Ma lui, stavolta, non rincorse.
Non scrisse lettere.
Non cerc� spiegazioni.
Non fece domande.
Rimase immobile, ma non inerme.
Perch� sapeva che l'amore non � dimostrarsi necessario, ma scegliere di esserci.
Ogni mattina, preparava il caff� per uno.
Ogni sera tornava a casa e non trovava pi� il profumo di lei sulla federa.
Ma non maledisse nulla.
Non cancell� le foto.
Non rimosse i ricordi.
Li lasci� l�.
Vivi.
Come un campo in attesa della stagione giusta.
Pensava a lei, certo.
Con tenerezza.
Ma senza catene.
E in fondo, sapeva:
se l'amore era reale,
non sarebbe bastata la paura a farlo morire.
Se non lo era?
forse era meglio cos�.
Cos� torn� a scrivere, a camminare lungo il lago,
a vivere con una malinconia piena di dignit�.
E ogni sera, prima di dormire, si diceva una sola frase:
"Io c'ero. Con tutto me stesso. E questo? vale pi� di ogni ritorno."
Capitolo XIX - Il luogo dove anche l'amore fa paura
Non era lui, il problema.
Era tutto il resto.
Era il modo in cui lui la guardava,
senza domande, senza condizioni.
Come se potesse davvero amarla cos� com'era -
fragile, confusa, incostante.
Era il suo essere presente.
La sua pazienza.
La sua forza.
E lei?
lei non si fidava.
Non di lui.
Ma della possibilit� che qualcuno potesse davvero restare.
Aveva imparato a difendersi.
A non credere alle parole.
A scappare prima che le mancasse l'aria.
Perch� la felicit�, a volte,
ha le sembianze del pericolo pi� grande. � ci� che non sai come gestire. � ci� che ti rende vulnerabile.
Lui l'amava.
Lei lo sapeva.
Lo sentiva in ogni gesto,
nelle sue mani che non forzavano mai,
nei suoi occhi che sapevano aspettare.
Ma era proprio quello il punto.
L'amore che non fa male? la spaventava pi� di quello che aveva ferito.
Cos� si allontan�.
Non lo cancell�.
Ma si ritir� in silenzio.
Come chi non vuole rompere un vaso prezioso e lo mette su uno scaffale alto.
E ogni giorno, nel suo mondo ordinato,
gli pensava.
Rileggeva i suoi messaggi.
Tornava con la mente a quella notte sul lago.
Alle lenzuola stropicciate, alle parole non dette, ai baci rubati al tempo.
Poi si diceva:
"Forse mi sto sbagliando.
Forse questa volta? non � come le altre."
Ma la paura era pi� forte.
Pi� nota.
Pi� comoda.
E lui, intanto, taceva.
Non la cercava.
E in quel silenzio, lei sent� per la prima volta la vera mancanza.
Non di un uomo qualsiasi.
Ma dell'unico che l'aveva amata senza volere cambiarla.
Capitolo XX - La breccia nel silenzio
Passarono giorni.
Forse settimane.
Lui non scrisse pi�.
Lei non trov� il coraggio di cancellare la chat.
Ogni sera apriva quella conversazione,
guardava l'ultimo messaggio che lui le aveva mandato.
Quel "io c'ero" non detto, ma sentito in ogni parola.
E ogni sera, si ripeteva:
"Aspetta ancora un po'. Se domani ti manca? allora scrivi."
Il domani arriv�.
E la mancanza era l�.
Pi� viva. Pi� chiara.
Come una voce che non si spegne nemmeno col rumore del giorno.
Cos� prese il telefono.
Scrisse.
Cancell�.
Scrisse di nuovo.
Finch�, dopo mille esitazioni,
premette "invio".
Il messaggio diceva solo:
"Oggi ho pensato al lago."
Non un "ciao".
Non un "mi manchi".
Solo una manciata di parole, leggere in apparenza.
Ma piene di significato.
Era il loro codice.
Il lago era lui.
Il lago era quella notte.
Il lago era tutto ci� che avevano condiviso senza bisogno di spiegazioni.
Lui lesse il messaggio pochi minuti dopo.
Lo guard� a lungo.
Sorrise.
E cap�.
Non rispose subito.
Ma dentro di lui, qualcosa si riaccese.
Non la speranza - quella non l'aveva mai persa.
Ma la certezza che qualcosa dentro di lei stava finalmente cedendo.
Che forse, stavolta?
stava tornando.
Davvero.
Capitolo XXI - Resto. Anche se tremo
Lui non chiese nulla.
Non pretese spiegazioni, n� risposte.
Solo le scrisse:
"Vieni. Il lago ci aspetta."
Lei lesse quel messaggio in silenzio.
Lo rilesse tre volte.
Poi, senza pensarci troppo, mise un maglione leggero e usc�.
Lo trov� dove sapeva che sarebbe stato.
Sul pontile, con il tramonto alle spalle e le mani in tasca.
Quando la vide, non disse niente.
Le sorrise appena.
E lei si sedette accanto a lui.
In silenzio.
Dopo qualche minuto, fu lei a parlare.
"Non so ancora cosa provo. A volte ho paura anche di me stessa."
Lui la guard�.
Con dolcezza.
Con quegli occhi che non volevano convincerla, ma solo accoglierla.
Poi rispose piano:
"Non importa.
Io non ti chiedo di sapere.
Ti chiedo solo di esserci? finch� senti che ha senso."
Lei lo guard�.
Sent� qualcosa sciogliersi dentro.
Qualcosa che non faceva pi� male, ma neppure prometteva euforia.
Era calma.
Era verit�.
Appoggi� la testa sulla sua spalla.
Chiuse gli occhi.
"Io ci sono.
Anche se tremo."
E lui, in silenzio, le prese la mano.
Nessuna certezza.
Solo due respiri all'unisono.
Il suono dell'acqua sotto di loro.
E un tramonto che, per la prima volta,
non segnava una fine?
ma un inizio che non aveva bisogno di nome.
Epilogo - Il tempo delle cose vere
Non divennero subito felici.
Non fu un lieto fine da libro,
ma un inizio imperfetto, e proprio per questo? reale.
Lui impar� a non aspettarsi risposte,
ma ad ascoltare i silenzi.
Lei impar� che l'amore non � una gabbia,
ma una casa dove puoi tremare senza dover fuggire.
Non c'erano pi� promesse.
C'erano piccoli gesti.
Una tazza di caff� al mattino.
Una carezza prima di dormire.
Un messaggio nel cuore del giorno che diceva solo:
"Ci sono."
Ogni tanto litigavano.
Ogni tanto si perdevano negli occhi e non sapevano pi� cosa dire.
Ma non si lasciavano pi�.
Perch� avevano imparato che l'amore maturo non � perfetto,
� coraggioso.
E anche se non potevano prevedere il domani,
quel giorno sul pontile, con l'acqua calma sotto di loro scelsero di provarci.
E da allora, ogni giorno, si sono semplicemente?scelti.
Lei si era avvicinata al divano senza far rumore, come se quel silenzio fosse sacro.
Portava un profumo discreto, quasi invisibile, ma bast� un respiro perch� lui lo notasse.
Non era il profumo a colpirlo. Era il modo in cui lo portava addosso, come una seconda pelle, come se il suo
corpo avesse imparato da tempo l'arte dell'attesa.
Lui allung� la mano verso il bicchiere, ma non bevve. Lo fece solo per distrarsi dal pensiero di volerla
toccare.
Non in modo impaziente. Non con brama.
Ma con la precisione e la calma di chi sa che il desiderio vero non ha fretta: costruisce, ascolta, studia.
Lei si sedette accanto. Le loro braccia non si toccarono, ma lo spazio tra loro si fece pi� piccolo.
C'era qualcosa nei suoi occhi - forse un dubbio, forse una voglia che ancora non osava chiamarsi
desiderio.
Lui la osserv�, senza pretese.
�Non sono qui per cercare risposte,� disse lei piano.
Lui la fiss� un istante, poi sorrise con quello sguardo che fa pi� domande di mille parole.
�Le risposte non servono,� mormor�. �A volte basta una domanda fatta con la pelle.�
Lei non rispose. Ma il respiro si fece pi� lento.
E quando lui allung� la mano, non per toccarla, ma per appoggiarla vicino alla sua, cos� vicino da sentire il calore senza il contatto?
fu allora che cap�.
Che qualunque cosa sarebbe accaduta dopo, non sarebbe stata un gioco.
Non con lui.
Non stanotte.
Lei non si mosse, eppure qualcosa cambi�.
Una corrente sottile pass� tra i loro corpi, come se l'aria avesse smesso di essere neutra.
Era carica. Calda. In attesa.
�Hai paura?� chiese lui, ma senza pressione. Come si chiede a se stessi davanti a un confine.
Lei lo guard�, poi abbass� lo sguardo.
�Non di te. Di quello che potresti smuovere.�
Una pausa. Poi aggiunse: �Non sono abituata a sentirmi cos�? senza nemmeno essere toccata.�
Lui si avvicin�, impercettibilmente.
�� perch� non ti sto cercando con le mani. Ti sto leggendo con gli occhi.�
Il silenzio fu di nuovo protagonista. Ma questa volta era denso, carico di promesse non dette.
Lei si volt� verso di lui. E fu in quel momento che successe.
Nessun bacio. Nessun gesto impulsivo.
Solo una carezza. Una sola.
La punta delle sue dita che sfior� la linea del mento di lei, risalendo lenta fino a una ciocca di capelli ribelle.
La spost� con delicatezza, come se stesse aprendo una porta invisibile.
Lei chiuse gli occhi.
conquista.
E in quel gesto c'era l'abbandono pi� autentico: la resa senza resa, la fiducia che non si chiede ma si conquista.
�Non ti chieder� nulla che tu non voglia darmi,� disse lui piano.
�Ma se scegli di restare? promettimi solo una cosa.�
Lei riapr� gli occhi, lievemente velati da qualcosa che non era timore, ma riconoscimento.
�Cosa?�
�Che non fingerai. Non con me. Nemmeno se quello che senti ti spaventa.�
Lei sorrise appena, come se quella frase le avesse tolto un peso che nemmeno sapeva di portare.
E fu allora che si avvicin�.
Non fu un bacio affamato, n� timido.
Fu un incontro. Lento. Intenso.
Come due onde che si cercano senza urtarsi, ma sanno gi� che si fonderanno nel medesimo mare.
Lui le accarezz� il viso con entrambe le mani, come si accarezza un ricordo che si vuole rendere eterno.
E quando lei pos� la fronte contro la sua, senza parlare, lui chiuse gli occhi.
Perch� a volte l'amore non si dice.
Si respira.
E l�, nel silenzio morbido della stanza, senza tempo, senza confini?
cominci� qualcosa che nessuno dei due avrebbe saputo spiegare.
Ma entrambi avrebbero portato dentro.
Per sempre.
Capitolo II - Il mattino non mente
La luce dell'alba filtrava attraverso le tende leggere, disegnando striature dorate sul pavimento di legno.
Lui era sveglio da qualche minuto, ma non si era ancora mosso.
Restava l�, immobile, osservando il profilo di lei mentre dormiva con il volto sereno, leggermente rivolto verso
di lui.
Non si toccavano. Eppure, tra loro, c'era ancora quella stessa tensione - quieta ora, ma ancora presente -
che aveva fatto vibrare l'aria la sera prima.
Nessuno dei due aveva detto "resta". Eppure lei era rimasta.
E questo, pens� lui, valeva pi� di mille promesse.
Si alz� piano, lasciando che il pavimento cigolasse appena sotto i suoi passi scalzi.
Prese una camicia gettata sulla poltrona e la indoss� distrattamente, come chi ha altro a cui pensare.
Nel silenzio della cucina, il caff� cominci� a gorgogliare nella moka. Un suono familiare, quasi intimo.
Lui fissava il liquido scuro salire, ma la sua mente era ancora nella stanza.
Nel calore della pelle di lei, nel suo profumo che ora sembrava parte dell'aria.
Una voce bassa e impastata lo scosse dai pensieri.
�Hai dormito?�
Si volt�. Lei era sulla soglia, i capelli spettinati, la camicia larga che le cadeva sulle spalle. Bellissima, in quel
modo imperfetto e vero.
�Abbastanza. Ma tu? tu sembri uscita da un sogno che non voglio dimenticare.�
Lei sorrise, ma non arross�. Non era il tempo delle esitazioni.
�E ora che siamo svegli?� chiese, quasi come se avesse paura della risposta.
Lui si avvicin�, lentamente. Le porse il caff�, poi le prese la mano.
�Ora possiamo scegliere.
Possiamo far finta che sia stato solo un momento.
O possiamo ascoltare quel silenzio che ancora ci parla? e capire se ha qualcosa da dirci davvero.�
Lei bevve un sorso, lo guard� negli occhi, e non rispose.
Ma rest� l�.
E a volte, restare � la risposta pi� sincera che si possa dare.
Capitolo III - Il giorno che segue
Lui guidava piano, con il finestrino leggermente aperto e il vento che entrava a carezzargli il viso.
La citt� cominciava a svegliarsi, inconsapevole di ci� che aveva lasciato poche ore prima.
Ogni semaforo rosso sembrava una scusa per chiudere gli occhi, anche solo per un secondo, e rivivere il
suono del suo respiro addormentato accanto a lui.
Aveva lasciato un biglietto sul tavolo, accanto alla moka:
"A volte la pelle non basta. Ma il ricordo della tua? oggi mi accompagna."
Non sapeva se lei l'avrebbe letto subito, o se l'avrebbe ripiegato con cura come si fa con le cose che non si
vogliono perdere.
Il telefono vibr� nel vano portaoggetti, ma non lo prese.
Non voleva voci esterne, impegni, doveri.
Solo quella presenza. Ancora viva nella mente.
E sulla pelle.
Lei, intanto, era rimasta seduta sul letto per qualche minuto, avvolta dal lenzuolo e dal silenzio.
Aveva letto quel biglietto tre volte.
Lo aveva posato, poi ripreso, come se ogni parola fosse un frammento di lui che si era lasciato dietro.
Era da tempo che non sentiva quella sensazione addosso - quella vertigine calma, quel bisogno di
rivederlo che non era frenesia? ma fame.
Non lo conosceva davvero.
Eppure, sapeva.
Sapeva il modo in cui l'aveva guardata, senza volerla possedere.
Sapeva la lentezza dei suoi gesti, il rispetto nelle sue pause, il peso delle parole mai dette.
Era difficile fidarsi, dopo tutto quello che aveva vissuto.
Ma con lui?
Con lui, sembrava possibile. Non semplice, ma possibile.
Si alz�, fece il letto, mise su un disco - qualcosa di jazz, di fondo. E prepar� il caff� di nuovo.
Come se, nel ripetere quel gesto, potesse rivederlo l�.
Con gli occhi stanchi, ma pieni.
Con quel silenzio che parlava dritto al centro di lei.
Il giorno era cominciato.
Ma niente sarebbe stato come prima.
Capitolo IV - Le stanze che non si aprono mai
Lei era seduta sul bordo della vasca, le mani immerse nell'acqua ormai tiepida.
Non piangeva. Non era pi� il tempo delle lacrime.
Ma c'era quel peso - antico, sordo - che tornava ogni volta che qualcosa di bello bussava alla sua porta.
Era successo di nuovo.
Un uomo, uno sguardo sincero, un tocco che non chiedeva? ma accoglieva.
Eppure? la sua mente era altrove.
L� dove la dolcezza si era travestita da trappola.
L� dove la passione era diventata possesso.
L� dove lei aveva amato con l'anima nuda? e aveva ricevuto solo promesse stanche e mani che
prendevano, senza dare.
Era diventata brava, con il tempo.
Brava a sorridere, a spostare lo sguardo, a confondere desiderio e diffidenza, accoglienza e distanza.
Ma con lui?
Con lui era diverso.
Perch� lui non aveva premuto.
Aveva solo guardato.
E nel suo sguardo c'era stata quella cosa che fa pi� paura di tutte: rispetto.
Il rispetto? quello vero? spaventa pi� del desiderio.
Perch� non puoi combatterlo. Non puoi allontanarlo con una battuta o un silenzio.
E allora le torn� alla mente la notte prima: il suo respiro, le mani forti ma leggere, le parole mai invadenti.
Come se avesse intuito.
Come se avesse gi� visto, senza giudicare.
Prese il telefono.
Scrisse.
Poi cancell�.
Poi riscrisse.
"Vorrei fidarmi di te. Ma non so pi� come si fa."
Ci mise minuti interi a premere Invia.
Dall'altra parte, lui era in strada, seduto in macchina, davanti a un bar che non conosceva.
Aveva sentito il messaggio vibrare nel silenzio.
Lo lesse.
sono ombre.
Rimase a fissarlo a lungo, come si guarda una porta socchiusa che ti invita a entrare, ma sai che dentro ci
Poi rispose.
Solo tre parole.
"Non ho fretta."
E in quel momento, lei abbass� lo sguardo.
E sorrise.
Piano.
Perch� forse, per la prima volta dopo tanto?
qualcosa dentro di lei cominciava a cedere.
Non a lui.
A se stessa.
Capitolo IV - Le stanze che non si aprono mai
Lei era seduta sul bordo della vasca, le mani immerse nell'acqua ormai tiepida.
Non piangeva. Non era pi� il tempo delle lacrime.
Ma c'era quel peso - antico, sordo - che tornava ogni volta che qualcosa di bello bussava alla sua porta.
Era successo di nuovo.
Un uomo, uno sguardo sincero, un tocco che non chiedeva? ma accoglieva.
Eppure? la sua mente era altrove.
L� dove la dolcezza si era travestita da trappola.
L� dove la passione era diventata possesso.
L� dove lei aveva amato con l'anima nuda? e aveva ricevuto solo promesse stanche e mani che
prendevano, senza dare.
Era diventata brava, con il tempo.
Brava a sorridere, a spostare lo sguardo, a confondere desiderio e diffidenza, accoglienza e distanza.
Ma con lui?
Con lui era diverso.
Perch� lui non aveva premuto.
Aveva solo guardato.
E nel suo sguardo c'era stata quella cosa che fa pi� paura di tutte: rispetto.
Il rispetto? quello vero? spaventa pi� del desiderio.
Perch� non puoi combatterlo. Non puoi allontanarlo con una battuta o un silenzio.
E allora le torn� alla mente la notte prima: il suo respiro, le mani forti ma leggere, le parole mai invadenti.
Come se avesse intuito.
Come se avesse gi� visto, senza giudicare.
Prese il telefono.
Scrisse.
Poi cancell�.
Poi riscrisse.
"Vorrei fidarmi di te. Ma non so pi� come si fa."
Ci mise minuti interi a premere Invia.
Dall'altra parte, lui era in strada, seduto in macchina, davanti a un bar che non conosceva.
Aveva sentito il messaggio vibrare nel silenzio.
Lo lesse.
Rimase a fissarlo a lungo, come si guarda una porta socchiusa che ti invita a entrare, ma sai che dentro ci
sono ombre.
Poi rispose.
Solo tre parole.
"Non ho fretta."
E in quel momento, lei abbass� lo sguardo.
E sorrise.
Piano.
Perch� forse, per la prima volta dopo tanto?
qualcosa dentro di lei cominciava a cedere.
Non a lui.
A se stessa.
Capitolo V - Il bilico delle cose vere
Le giornate passavano, lente ma piene.
Lei non lo scriveva sempre.
E lui non chiedeva.
Ma c'era. Sempre.
Un messaggio al mattino:
"Buongiorno, anima inquieta."
Un pensiero alla sera:
"Sei nel posto che non si vede, ma che si sente."
Eppure lei sentiva crescere qualcosa.
Non era ansia. Non era passione.
Era attesa.
Di s� stessa.
Era abituata a rincorrere, a spiegare, a dimostrare il proprio valore anche quando avrebbe dovuto solo
ricevere amore.
Ma ora tutto era diverso.
Lui non correva.
Non inseguiva.
Aspettava.
E lei? non sapeva pi� se voleva correre via o farsi trovare.
Apr� il suo diario, quello che non toccava da mesi.
Scrisse poche parole:
"Mi spaventa chi resta quando non lo chiamo.
Mi disarma chi non mi chiede niente.
Ma forse � proprio l�? che comincia l'amore."
Quel giorno si vestir� senza motivo.
Indoss� un abito che non metteva da tempo, si trucc� gli occhi con cura, come se dovesse incontrare
qualcuno.
Ma non usc�.
Si sedette accanto alla finestra, un libro tra le mani e mille domande sotto pelle.
Poi, mentre il tramonto accarezzava il vetro, arriv� il messaggio.
"Sto passando per caso sotto casa tua. O almeno cos� mi piace pensare.
Non voglio salire. Volevo solo dirti che anche oggi? ci sei."
Lei rimase a fissare lo schermo.
Il cuore rallent�. Poi acceler�. Poi rallent� di nuovo.
Era in bilico.
Sul bordo del coraggio.
E il coraggio, a volte, � solo restare fermi? e non scappare.
Prese il telefono.
Rispose.
"Sali. Ma solo se non chiedi niente."
Lui non scrisse pi�.
Non ce n'era bisogno.
Cinque minuti dopo, tre colpi lievi alla porta.
E tutto ricominci�.
Non da dove avevano lasciato.
Ma da un punto pi� profondo.
Pi� vicino alla verit�.
Capitolo VI - Dove finisce la pelle
Lui entr� senza dire nulla.
Lei non aveva chiesto il silenzio.
Ma era tutto ci� che desiderava.
Restarono l�, a un metro di distanza, per lunghi secondi.
Il tempo necessario perch� entrambi sentissero quanto era cambiato il significato del gesto.
Non era pi� solo attrazione.
Era attesa, rispetto, e un desiderio che sapeva restare.
Lei si volt�, senza parlare, e cammin� verso la cucina.
Lui la segu� con lo sguardo, ma non mosse un passo.
Poi lei si ferm�, e sussurr�:
�Non ho cucinato. Ma ho fame lo stesso.�
Lui la raggiunse.
Le prese il viso tra le mani, senza fretta.
Le dita scivolarono sui contorni familiari e nuovi.
Non la baci� subito.
Prima le sfior� la fronte, poi la guancia, poi l'angolo delle labbra.
Come se volesse chiedere il permesso ad ogni parte di lei.
Quando finalmente la baci�, fu lento. Profondo.
Non un possesso.
Un ritorno.
Le mani di lei si aggrapparono al suo collo. Non per paura di cadere? ma perch�, dopo tanto, qualcuno la
teneva davvero.
Si mossero verso il divano.
La luce era calda, morbida.
I vestiti caddero uno alla volta, senza urgenza.
Come pelle che si sfila per mostrare non solo il corpo, ma tutto il resto.
Lui la guard�, nuda, e non disse nulla.
Solo la copr� con un plaid leggero, e si sdrai� accanto.
�Ti voglio. Ma voglio anche che ti senta al sicuro.�
Quelle parole, sussurrate contro la pelle del suo collo, la fecero chiudere gli occhi.
E poi venne il contatto.
Lento.
Sacro.
Nessuna fretta, nessuna richiesta.
Solo il corpo che ascoltava, rispondeva, accoglieva.
Fecero l'amore come si fa pace con la parte ferita di s�.
Ogni movimento, un s�.
Ogni respiro, una promessa non detta.
E quando, nudi e avvolti l'uno nell'altra, restarono in silenzio, non fu pi� il silenzio della difesa.
Fu il silenzio della verit�.
Dove finisce la pelle?
comincia l'anima.
E quella sera, si erano toccati proprio l�.
Capitolo VII - Il vuoto che resta
Quando si svegli�, lui era ancora l�.
Addormentato, disteso su un lato, il petto che si alzava piano, come se ogni respiro volesse ancora
trattenerla.
Lei si alz� in silenzio.
Indoss� la camicia di lui, trovata sulla sedia.
Prese un caff�, guard� fuori.
La citt� era uguale. Ma dentro? tutto tremava.
"E se non fosse vero?
E se stessi solo cercando un rifugio?"
I pensieri la rincorrevano, disordinati.
Troppa verit�, troppo presto.
Quando lui si svegli�, lei era gi� vestita.
La camicia restituita, lo sguardo sfuggente.
�Tutto bene?�, chiese lui, con la voce ancora impastata di sonno.
Lei sorrise. Quel sorriso educato, freddo.
�S�. Ma? ho bisogno di tempo. Di spazio.�
Non fu cattiva. Ma fu decisa.
E prima che lui potesse dire altro, aveva gi� chiuso la porta.
Lui rest� l�.
In piedi.
Nudo, in una casa che non era sua, ma dove aveva lasciato una parte di s�.
Non le scrisse.
Non la cerc�.
Perch� sapeva che rincorrere una donna ferita � come toccare un animale spaventato: lo fai per amore, ma
finisci per farlo fuggire.
Lei invece fugg�.
Per giorni.
Fingendo normalit�. Lavoro, impegni, cene vuote.
Ma ogni volta che prendeva il telefono, il suo nome era l�.
Nella lista dei pensieri mai scritti.
Nel bisogno che non voleva ammettere.
Poi venne una notte.
Una notte lunga, stanca, in cui nessun rumore le bastava a distrarla.
E lui, silenzioso nella memoria, divenne troppo presente per essere ignorato.
Scrisse:
"Sei ancora l�?"
Passarono dieci minuti.
Silenzio.
Poi:
"S�. Ma non ti aspetto.
Ci sono. � diverso."
Le lacrime arrivarono, improvvise.
Non per lui.
Per s� stessa.
Perch� per la prima volta, qualcuno non la rincorreva.
Eppure? non se ne andava.
Capitolo VIII - La mano tesa
Le giornate passavano.
Lei lavorava, usciva, rideva anche.
Ma ogni cosa era rivestita di uno strato sottile di inquietudine.
Come se niente avesse pi� la consistenza di prima.
Lui non aveva insistito.
Non un messaggio di troppo.
Non una chiamata nel cuore della notte.
Solo presenza silenziosa, come una musica di sottofondo che non chiede attenzione, ma cambia
l'atmosfera.
Poi, un giorno, il messaggio arriv�.
"C'� un posto fuori citt�. Un casale, vino rosso, camino acceso.
Non � un invito.
� un pensiero.
Se vuoi, ci vado domani.
Ci starei bene anche da solo.
Ma potrei starci meglio con te."
Lei rest� ferma per minuti.
Leggeva e rileggeva.
E pi� lo rileggeva, pi� capiva.
Non era un tentativo.
Era un gesto libero.
Sincero.
Un'offerta senza vincolo.
Un "vieni se vuoi", che sapeva di maturit�, non di ricatto.
Rispose solo dopo due ore.
"Il vino rosso non mi piace.
Ma potrei assaggiare il tuo."
Bastarono quelle parole.
Lui non disse altro.
Non serviva.
Il giorno dopo, quando arriv� davanti al casale, lui era gi� l�.
Il portone di legno spalancato, una bottiglia aperta sul tavolo, due bicchieri.
Nessun bacio.
Nessuna domanda.
Solo due sguardi che si erano cercati pi� del tempo, pi� della paura.
Lei entr�, si sedette.
Prese un sorso dal suo bicchiere.
Poi disse:
�Fa ancora paura.
Ma non essere qui? fa pi� male.�
Lui si avvicin�.
Le prese la mano.
La strinse piano.
�Non ti chiedo di restare.
Ma se vuoi? possiamo iniziare da qui.�
E fu cos� che, tra il crepitio del camino e l'eco di tutto ci� che non avevano ancora detto,
qualcosa cominci� davvero.
Capitolo IX - Il legno sotto i passi
Quel pomeriggio il cielo era pulito, teso in un azzurro chiaro che sembrava invitare alla quiete.
Non avevano parlato molto.
Solo qualche parola durante il pranzo, un sorriso tra un sorso di vino e l'altro.
Poi lui aveva proposto una passeggiata.
�C'� un posto. Una passerella sul lago. L�? si cammina senza rumore.�
Lei aveva annuito.
E in quell'assenso c'era il desiderio di lasciarsi guidare.
Arrivarono in silenzio.
Il lago era calmo, uno specchio d'acqua che rifletteva il cielo e il tempo.
Camminavano uno accanto all'altra, le mani vicine, senza toccarsi.
Ogni passo sul legno vibrava leggero, come una nota di una musica antica.
Il vento muoveva piano i capelli di lei.
Lui ogni tanto si voltava a guardarla, ma senza insistenza.
Solo per imprimere quel momento nella memoria.
Poi lei si ferm�.
All'altezza di un punto in cui la passerella si allargava leggermente, come una piccola terrazza sull'acqua.
�� bello qui.
Sembra che anche i pensieri si siedano.�
Lui sorrise.
Si avvicin� piano.
Le tocc� la schiena, sfiorandola come si tocca qualcosa di sacro.
Lei non si volt�.
Ma appoggi� la testa sulla sua spalla.
E rimasero cos�. Fermi. A respirare insieme.
Il sole cominciava a scendere.
Colorava il cielo di ambra e oro, disegnava riflessi tremolanti sul lago.
Lui le prese il viso tra le mani.
Questa volta non con l'urgenza del desiderio, ma con la dolcezza di chi sa che ogni bacio, se vero, � un
punto d'inizio.
E la baci�.
Timidamente.
Come se stesse ancora chiedendo: "Posso?"
Lei rispose con le labbra.
Un bacio incerto, ma pieno.
Di significato.
Di promesse non dette.
Di tutto quello che stavano imparando a non temere.
Poi si abbracciarono.
A lungo.
Senza parole.
Come due anime che, pur non sapendo ancora dove andranno, hanno scelto almeno dove essere? ora.
E il lago, il vento, il tramonto - tutto sembrava custodire quel fragile, meraviglioso momento.
Capitolo X - L'amore che brucia
Il ritorno fu silenzioso.
Nel piccolo casale, la sera li accolse con il suo buio gentile.
Lei si tolse la giacca. Lui mise due ceppi nel camino.
Non servivano parole: il calore che si era acceso sulla passerella ora ardeva anche dentro.
Quando si avvicinarono, bast� un gesto.
Una carezza sulla schiena. Un respiro contro la pelle.
E poi, senza pi� esitazioni, si cercarono.
Quella volta fu diverso.
Non c'erano pi� dubbi, n� domande.
Le mani sapevano dove andare. Le labbra, cosa dire.
Fecero l'amore con urgenza e tenerezza insieme.
Come chi sa che ogni contatto pu� guarire. O distruggere.
E per un attimo? guar� tutto.
Lei si perse in lui.
Si lasci� andare.
Corpo e cuore.
Senza riserve.
Poi arriv� il silenzio. Quello del dopo.
Lui la strinse forte, mentre il suo respiro si placava piano.
Le baci� i capelli. Sussurr� un �ci sono� che non chiedeva nulla.
Ma qualcosa in lei si incrin�.
Non per colpa sua.
Ma per quello che quell'abbandono aveva risvegliato.
"E se non fossi pronta?
E se lui vedesse troppo?"
Si alz� senza guardarlo.
Raccolse i suoi vestiti, uno a uno, come chi sa che ogni gesto pu� diventare addio.
Lui la guardava.
Non con rabbia.
Con una malinconia composta.
Come chi ha gi� conosciuto le partenze senza saluti.
Lei si volt� solo un istante.
Gli occhi lucidi.
La voce appena un soffio.
�Scusami. Ho bisogno di? aria.�
E se ne and�.
Il portone si chiuse piano.
Come un cuore che si richiude su se stesso.
Lui rest� l�, seduto sul letto disfatto.
Non la rincorse.
Non url� il suo nome.
Solo chiuse gli occhi e lasci� che il silenzio parlasse per entrambi.
Capitolo XI - La lettera che non leggerai
Ti scrivo, anche se non leggerai.
Ti scrivo perch� non so smettere di sentire.
Non ti giudico per essere andata via.
Nemmeno per non aver detto niente.
Ci sono battaglie che non si combattono davanti a chi ci ama.
Perch� l'amore, a volte, fa paura proprio quando � vero.
Lo so.
Quello che abbiamo vissuto - quel tempo sospeso, quei silenzi che parlavano pi� delle parole -
� stato pi� reale di molte vite intere.
E anche se per te � stato forse solo un attimo,
per me � stato un punto fermo.
Hai avuto paura.
Lo capisco.
Perch� a volte � pi� difficile accettare la felicit� che il dolore.
E tu? sei una donna che ha imparato a difendersi troppo bene.
Anche da chi non ti avrebbe mai fatto del male.
Vorrei dirti che non mi hai ferito.
Ma mentirei.
Mi hai spezzato nel modo pi� dolce: lasciando una parte di te dentro di me,
e portando via tutto il resto.
Eppure? non ti odio.
Non riesco nemmeno ad arrabbiarmi con te.
Perch� quando ami qualcuno davvero, non chiedi niente.
Non costringi. Non insegui.
Resti.
Nel modo pi� silenzioso che esista.
Resti nella memoria, nei piccoli gesti, nei sogni a met�.
Se un giorno tornerai, ti ascolter�.
Se non tornerai, ti penser� comunque.
Con lo stesso rispetto con cui si ricorda qualcosa di sacro.
Non voglio essere il tuo rifugio.
Voglio essere il tuo posto.
Quello in cui non hai bisogno di difenderti.
Quello dove puoi semplicemente? restare.
Ma se questo posto fa paura,
se io faccio paura,
allora va bene cos�.
Porta via il mio amore.
Non chiede nulla in cambio.
Ti � stato donato.
E rimarr� tuo, anche se non lo saprai mai.
Con tutto quello che sono,
che ero,
e che avrei voluto essere con te.
- L'uomo che ha imparato ad aspettarti anche nel silenzio.
Capitolo XII - L'eco del silenzio
I giorni scorrevano, incerti.
Lontani.
Come pagine che si girano da sole in un libro lasciato aperto al vento.
Lei non parlava di lui.
Non ne aveva la forza.
Nemmeno con s� stessa.
Ogni tanto prendeva in mano il cellulare.
Scorreva i messaggi passati.
Rileggeva frasi semplici, dettagliate di gesti.
Parole che non chiedevano nulla ma avevano dato tutto.
E ogni volta lo rimetteva gi�, il telefono.
Come se pesasse pi� dei suoi dubbi.
Nel frattempo lui viveva.
Lavorava. Camminava. Scriveva.
Ma non smetteva di sentirla.
Non nel cuore, almeno.
Anche se le mani non cercavano pi� il tasto "invia".
La lettera era l�.
Nascosta in una cartella.
Salvata senza titolo, come se non dovesse mai essere trovata.
Un frammento di verit� consegnato solo alla pagina e al silenzio.
Eppure, in quell'apparente distanza, qualcosa si muoveva.
Lei cominciava a vederlo nei luoghi che frequentava.
Nei volti.
Nelle canzoni.
In quegli sguardi d'altri uomini che cercavano di avvicinarsi, ma che non erano lui.
Finch� una sera, stanca di dover fuggire anche da s� stessa, apr� la chat.
Non scrisse nulla all'inizio.
Rimase a guardare il cursore lampeggiare.
Poi digit�:
�Non so cosa cerco?
Ma so chi mi manca.�
Premette "invio".
E solo allora, per la prima volta da giorni, respir� davvero.
Lui lesse.
Non rispose subito.
Chiuse gli occhi.
E sorrise.
Non era un ritorno.
Era una fessura nella porta.
A volte, basta quella per far entrare tutta la luce.
Capitolo XIII - Il tavolo vicino alla finestra
Lei aveva scritto.
Non era una dichiarazione.
Non era un ritorno.
Era un sussurro fragile.
Ma era tutto ci� che lui aveva sperato.
Ci pens� tutta la sera.
Poi, al mattino, le rispose.
Senza frasi ricercate.
Senza drammi.
Solo una scelta.
�Domani mattina, ore 9. Al solito posto.
Il tavolino vicino alla finestra.
Io ordiner� per due.�
Nient'altro.
Nessuna pressione.
Nessuna domanda.
Solo l'essenziale.
Lei lesse il messaggio tre volte.
Il cuore batteva piano, ma batteva.
Quel posto?
Un angolo tranquillo in una piccola caffetteria nascosta tra i vicoli,
dove il profumo del pane caldo si mescolava all'aroma del caff�.
Dove lui, la prima volta, le aveva tenuto la mano mentre parlavano di niente.
Eppure tutto era sembrato importante.
Il mattino seguente, lui arriv� in anticipo.
Si sedette, ordin� due cappuccini, due cornetti.
E aspett�.
Non guardava continuamente l'orologio.
Non cercava con lo sguardo tra le vetrate.
Semplicemente? era l�.
Quando lei arriv�, fu come se il tempo trattenesse il fiato.
Indossava un cappotto chiaro, i capelli sciolti, gli occhi pieni di dubbi.
Ma and� verso di lui.
Con passo lento.
Con il cuore in bilico.
Lui si alz�.
Le fece un mezzo sorriso.
Poi si sedette di nuovo.
Lei si accomod� davanti a lui.
Guard� il cappuccino ancora fumante.
E poi, senza dire nulla, allung� una mano verso la sua.
Lui non la strinse.
La accolse.
Che � molto di pi�.
Fu cos� che ricominciarono.
Con un cornetto condiviso.
Un sorriso interrotto.
E due mani sullo stesso tavolo, a cercarsi piano.
Capitolo XIV - Le cose che non si dicono
La colazione si sciolse come zucchero nel caff�.
Piano. Senza fretta.
Come se entrambi sapessero che quella tregua andava rispettata.
Nessuno chiese: �Perch� sei andata via?�
Nessuno disse: �Mi sei mancato�
Eppure, ogni sorso di cappuccino, ogni sorriso accennato,
era una confessione fatta senza parole.
Lui pag� il conto.
Lei lo lasci� fare.
Un gesto semplice, ma carico di quello che non riusciva ancora a dire:
"Mi fido. Un po'."
Uscirono insieme.
Camminarono lungo il marciapiede umido di rugiada,
senza meta, senza motivo.
Solo fianco a fianco.
Quando un cane li super� correndo, lei rise piano.
Fu la prima volta che lui la sent� ridere dopo giorni.
E fu come riaprire una finestra chiusa da troppo.
A un certo punto, si fermarono davanti a una vetrina.
Una piccola libreria, con un romanzo che avevano sfiorato tempo fa.
Lui non disse nulla.
Lei nemmeno.
Ma quando uscirono dal negozio, il libro era nelle sue mani.
Con un segnalibro dentro.
E sopra, una scritta a penna:
"Capitolo da cui ricominciare."
Camminarono ancora.
Lei si avvicin� un po' di pi�.
Non lo prese per mano.
Ma lasci� che le dita gli sfiorassero il dorso.
Lui non forz� il contatto.
Ma rimase.
Come un invito che sa aspettare.
N� amici. N� amanti.
Ancora sospesi.
Ma vivi.
Vivi dentro quel tempo nuovo, fatto di gesti minuscoli e intenzioni grandi.
E in quella semplicit�,
c'era gi� tutto l'amore che sarebbe potuto tornare.
Capitolo XV - La notte che non ha bisogno di parole
Lui aveva prenotato giorni prima.
Il tavolo pi� appartato.
Vicino al camino, con quella luce morbida che danza sul legno e accarezza i volti.
Quando lei entr�, con quel vestito che sembrava scelto per far tremare ogni sua certezza,
lui si alz� senza dire nulla.
Le prese il cappotto con naturalezza.
E le sorrise come si sorride solo a chi si � aspettato a lungo.
Il ristorante era avvolto da un silenzio ovattato, interrotto solo dal crepitio del fuoco e dal tintinnio discreto dei
calici.
Non parlarono subito.
Osservarono.
Si ascoltarono nei respiri.
Lui ordin� il vino che le piaceva.
Lei si lasci� servire, ma stavolta con gratitudine.
Come se capisse che in quella cena non c'era alcuna strategia.
Solo cura.
Parlarono di piccole cose.
Di sogni mai raccontati.
Di citt� da visitare e canzoni che avevano dimenticato.
E, a un certo punto, i loro sguardi rimasero sospesi.
Lunghi.
Densi.
Come se dentro quegli occhi ci fosse tutto ci� che avevano taciuto finora.
Quando uscirono, l'aria era pungente.
Ma lui non le offr� la giacca.
Le offr� la sua mano.
E lei la prese.
Senza esitazione.
A casa di lui, il silenzio si fece promessa.
Non c'erano gesti affrettati.
Solo dita che si cercavano.
Vestiti che cadevano piano.
E cuori che si avvicinavano senza pi� timore.
Fecero l'amore lentamente.
Come se ogni bacio fosse una parola che non avevano mai osato dire.
Come se ogni carezza volesse chiedere scusa per l'attesa.
Non fu passione.
Non solo.
Fu accoglienza.
E quando, nudi sotto le lenzuola, lei si rannicchi� sul suo petto e chiuse gli occhi?
lui non disse nulla.
Ma la strinse forte.
Come se sapesse che, da quella notte in poi,
niente sarebbe pi� stato solo un ricordo.
Capitolo XVI - Il giorno che comincia col buongiorno giusto
La mattina seguente si svegliarono presto,
ma non per la sveglia.
Perch� il corpo dell'uno aveva cercato quello dell'altra nel sonno,
e ora giacevano intrecciati, con la luce del giorno che filtrava gentile dalla finestra.
Nessuno parl�.
Non ce n'era bisogno.
Lei gli sfior� il viso.
Lui le baci� la fronte.
E bast� quello.
Pi� tardi, ognuno torn� al proprio mondo,
ma il filo invisibile che li univa non si spezz�.
Anzi, sembrava tendere verso qualcosa di ancora pi� autentico.
A met� mattina lei gli scrisse:
"Hai ancora addosso il mio profumo?"
Lui rispose:
"Ne ho ovunque. Anche dove non arriva il tuo corpo."
E da l� inizi� un filo di parole leggere e profonde,
come petali che il vento non porta via,
ma accompagna con cura.
Parlavano di tutto.
Di un film da vedere.
Di un sapore da assaggiare.
Di un sogno fatto e dimenticato a met�.
Ogni messaggio era una carezza.
"Ti immagini una domenica solo per noi?"
scrisse lei.
"Con te, anche il luned� saprebbe di festa."
rispose lui.
Non c'era pi� paura.
Solo voglia di esserci.
E la notte, prima di dormire,
lui le mand� una foto:
il libro che le aveva regalato, con un biglietto nascosto tra le pagine.
Lei zoom� sull'immagine.
Il biglietto diceva:
"Capitolo dopo capitolo, tu sei la mia storia preferita."
Lei non rispose subito.
Ma lo sogn� quella notte.
E il mattino dopo, gli scrisse solo due parole:
"Continuiamo?"
Capitolo XVII - La notte che si ricorda anche a occhi chiusi
Non ci fu bisogno di spiegazioni.
Lui le disse solo:
"Vieni con me. Solo una notte. Solo noi."
E lei, stavolta, non ebbe dubbi.
Non chiese dove.
Non chiese perch�.
Solo fece la valigia con un battito in pi� nel petto.
La casa era adagiata tra gli ulivi e le pietre vive,
con una terrazza che guardava il lago come se ne custodisse i segreti.
Un camino acceso, il profumo di legna e vino.
Le lenzuola bianche, pulite, come una tela pronta a essere scritta.
Quando arrivarono, il cielo era color pesca e bronzo.
Il tramonto si specchiava nelle acque calme.
E loro si guardarono a lungo, senza pi� bisogno di protezioni.
A San Valentino non si dissero "ti amo".
Non ne ebbero bisogno.
Perch� ogni gesto era amore, e ogni bacio ne era la prova.
Cenarono a lume di candela, con piatti semplici ma pieni di significato.
Lei lo ascoltava parlare del lago, delle estati passate da solo,
di quella volta che aveva pianto per una poesia.
E lui la guardava mentre si toglieva i capelli dal viso,
pensando che avrebbe voluto vederla cos� per sempre.
Dopo cena, si baciarono davanti al fuoco.
Lentamente.
Con la fame e la dolcezza di chi non deve pi� scappare.
Fecero l'amore per tutta la notte.
Senza pudore, ma con una grazia che solo chi ha aspettato davvero conosce.
Si cercarono come naufraghi,
si trovarono come amanti,
si tennero come chi non vuole pi� perdere niente.
Tra le lenzuola si dissero tutto:
con le mani, con i sospiri, con gli occhi socchiusi nel buio.
E ogni volta che si fermavano, era solo per ricominciare.
All'alba, quando la luce azzurrina accarezzava il lago, lei si svegli� con la testa sul suo petto.
E per la prima volta, senza pensare troppo, gli disse:
"Non voglio pi� svegliarmi lontano da te."
Lui non rispose.
Le baci� i capelli.
E in quel gesto, c'erano tutte le promesse del mondo.
Capitolo XVIII - Il silenzio che fa pi� rumore
Successe tutto in un giorno di sole.
Di quelli in cui sembrava impossibile che qualcosa potesse spezzarsi.
Lei era distaccata.
Lo baci� sulla guancia invece che sulle labbra.
Disse "a presto" ma con la voce di chi vuole dire "addio".
Poi, silenzio.
Messaggi letti, ma non risposti.
Chiamate mancate.
E quella sensazione sottile, ma inesorabile,
che qualcosa si stesse allontanando.
Ancora.
Ma lui, stavolta, non rincorse.
Non scrisse lettere.
Non cerc� spiegazioni.
Non fece domande.
Rimase immobile, ma non inerme.
Perch� sapeva che l'amore non � dimostrarsi necessario, ma scegliere di esserci.
Ogni mattina, preparava il caff� per uno.
Ogni sera tornava a casa e non trovava pi� il profumo di lei sulla federa.
Ma non maledisse nulla.
Non cancell� le foto.
Non rimosse i ricordi.
Li lasci� l�.
Vivi.
Come un campo in attesa della stagione giusta.
Pensava a lei, certo.
Con tenerezza.
Ma senza catene.
E in fondo, sapeva:
se l'amore era reale,
non sarebbe bastata la paura a farlo morire.
Se non lo era?
forse era meglio cos�.
Cos� torn� a scrivere, a camminare lungo il lago,
a vivere con una malinconia piena di dignit�.
E ogni sera, prima di dormire, si diceva una sola frase:
"Io c'ero. Con tutto me stesso. E questo? vale pi� di ogni ritorno."
Capitolo XIX - Il luogo dove anche l'amore fa paura
Non era lui, il problema.
Era tutto il resto.
Era il modo in cui lui la guardava,
senza domande, senza condizioni.
Come se potesse davvero amarla cos� com'era -
fragile, confusa, incostante.
Era il suo essere presente.
La sua pazienza.
La sua forza.
E lei?
lei non si fidava.
Non di lui.
Ma della possibilit� che qualcuno potesse davvero restare.
Aveva imparato a difendersi.
A non credere alle parole.
A scappare prima che le mancasse l'aria.
Perch� la felicit�, a volte,
ha le sembianze del pericolo pi� grande. � ci� che non sai come gestire. � ci� che ti rende vulnerabile.
Lui l'amava.
Lei lo sapeva.
Lo sentiva in ogni gesto,
nelle sue mani che non forzavano mai,
nei suoi occhi che sapevano aspettare.
Ma era proprio quello il punto.
L'amore che non fa male? la spaventava pi� di quello che aveva ferito.
Cos� si allontan�.
Non lo cancell�.
Ma si ritir� in silenzio.
Come chi non vuole rompere un vaso prezioso e lo mette su uno scaffale alto.
E ogni giorno, nel suo mondo ordinato,
gli pensava.
Rileggeva i suoi messaggi.
Tornava con la mente a quella notte sul lago.
Alle lenzuola stropicciate, alle parole non dette, ai baci rubati al tempo.
Poi si diceva:
"Forse mi sto sbagliando.
Forse questa volta? non � come le altre."
Ma la paura era pi� forte.
Pi� nota.
Pi� comoda.
E lui, intanto, taceva.
Non la cercava.
E in quel silenzio, lei sent� per la prima volta la vera mancanza.
Non di un uomo qualsiasi.
Ma dell'unico che l'aveva amata senza volere cambiarla.
Capitolo XX - La breccia nel silenzio
Passarono giorni.
Forse settimane.
Lui non scrisse pi�.
Lei non trov� il coraggio di cancellare la chat.
Ogni sera apriva quella conversazione,
guardava l'ultimo messaggio che lui le aveva mandato.
Quel "io c'ero" non detto, ma sentito in ogni parola.
E ogni sera, si ripeteva:
"Aspetta ancora un po'. Se domani ti manca? allora scrivi."
Il domani arriv�.
E la mancanza era l�.
Pi� viva. Pi� chiara.
Come una voce che non si spegne nemmeno col rumore del giorno.
Cos� prese il telefono.
Scrisse.
Cancell�.
Scrisse di nuovo.
Finch�, dopo mille esitazioni,
premette "invio".
Il messaggio diceva solo:
"Oggi ho pensato al lago."
Non un "ciao".
Non un "mi manchi".
Solo una manciata di parole, leggere in apparenza.
Ma piene di significato.
Era il loro codice.
Il lago era lui.
Il lago era quella notte.
Il lago era tutto ci� che avevano condiviso senza bisogno di spiegazioni.
Lui lesse il messaggio pochi minuti dopo.
Lo guard� a lungo.
Sorrise.
E cap�.
Non rispose subito.
Ma dentro di lui, qualcosa si riaccese.
Non la speranza - quella non l'aveva mai persa.
Ma la certezza che qualcosa dentro di lei stava finalmente cedendo.
Che forse, stavolta?
stava tornando.
Davvero.
Capitolo XXI - Resto. Anche se tremo
Lui non chiese nulla.
Non pretese spiegazioni, n� risposte.
Solo le scrisse:
"Vieni. Il lago ci aspetta."
Lei lesse quel messaggio in silenzio.
Lo rilesse tre volte.
Poi, senza pensarci troppo, mise un maglione leggero e usc�.
Lo trov� dove sapeva che sarebbe stato.
Sul pontile, con il tramonto alle spalle e le mani in tasca.
Quando la vide, non disse niente.
Le sorrise appena.
E lei si sedette accanto a lui.
In silenzio.
Dopo qualche minuto, fu lei a parlare.
"Non so ancora cosa provo. A volte ho paura anche di me stessa."
Lui la guard�.
Con dolcezza.
Con quegli occhi che non volevano convincerla, ma solo accoglierla.
Poi rispose piano:
"Non importa.
Io non ti chiedo di sapere.
Ti chiedo solo di esserci? finch� senti che ha senso."
Lei lo guard�.
Sent� qualcosa sciogliersi dentro.
Qualcosa che non faceva pi� male, ma neppure prometteva euforia.
Era calma.
Era verit�.
Appoggi� la testa sulla sua spalla.
Chiuse gli occhi.
"Io ci sono.
Anche se tremo."
E lui, in silenzio, le prese la mano.
Nessuna certezza.
Solo due respiri all'unisono.
Il suono dell'acqua sotto di loro.
E un tramonto che, per la prima volta,
non segnava una fine?
ma un inizio che non aveva bisogno di nome.
Epilogo - Il tempo delle cose vere
Non divennero subito felici.
Non fu un lieto fine da libro,
ma un inizio imperfetto, e proprio per questo? reale.
Lui impar� a non aspettarsi risposte,
ma ad ascoltare i silenzi.
Lei impar� che l'amore non � una gabbia,
ma una casa dove puoi tremare senza dover fuggire.
Non c'erano pi� promesse.
C'erano piccoli gesti.
Una tazza di caff� al mattino.
Una carezza prima di dormire.
Un messaggio nel cuore del giorno che diceva solo:
"Ci sono."
Ogni tanto litigavano.
Ogni tanto si perdevano negli occhi e non sapevano pi� cosa dire.
Ma non si lasciavano pi�.
Perch� avevano imparato che l'amore maturo non � perfetto,
� coraggioso.
E anche se non potevano prevedere il domani,
quel giorno sul pontile, con l'acqua calma sotto di loro scelsero di provarci.
E da allora, ogni giorno, si sono semplicemente?scelti.